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Cosa vedere a Beirut in un giorno: un itinerario nella capitale del Libano

Beirut, la martoriata capitale del Libano, è una città con un fascino particolare.

Non rappresenta così bene il paese e, nonostante i vecchi palazzi bombardati e mai ricostruiti convivano con altissimi e modernissimi grattacieli, per molti aspetti è molto più vicina una capitale europea che a una città mediorientale. Concordo con chi dice che il Libano è altro, ma resto convinta dell’idea che almeno una giornata intera le vada dedicata e, possibilmente, anche una serata da trascorrere in uno dei suoi tanti localini di tendenza.

È una città non particolarmente grande e che si può visitare a piedi e ricorrendo a qualche passaggio con i “service”, i taxi collettivi diffusissimi sia a Beirut che nelle altre località principali del Libano (per saperne di più, vi rimando all’articolo scritto sui trasporti in Libano).

Downtown e le sue attrazioni

La visita di Beirut può iniziare idealmente a Downtown, in modo da depennare subito alcune doverose attrazioni che però, permettetemi di dirlo, non hanno nulla di pazzesco:

  • L’asettico souk, che proprio nulla ha a che vedere con i colorati, disordinati e adorabilmente caotici souk arabi: sembra più che altro una brutta copia dell’outlet di Serravalle. E ho detto tutto.
  • Nejmeh Place, più spesso identificata come Place de l’Étoile, da cui si diramano diverse eleganti vie e nel cui centro si trova uno dei simboli di Beirut, la torre dell’orologio… Rolex (!), eredità del periodo in cui ai francesi fu assegnato un mandato su Siria e Libano.
  • I bagni romani, di cui si ha un piccolo spoiler da Place de l’Étoile, ossia un’area archeologica scoperta a fine anni Sessanta, rimessa a posto a partire dagli anni Novanta e ben integrata nel contesto urbano. Uno di quegli esempi in cui vecchio e nuovo convivono bene insieme (mi ha ricordato un po’ i resti del Palazzo di Galerio a Salonicco, anche se il contesto greco è un po’ meno ordinato).

  • La moschea di Mohammad Al-Amin, soprannominata anche moschea blu per la sua grande cupola blu che si distingue nello skyline beirutino (c’è chi azzarda il paragone con la Moschea Blu di Istanbul, ma permettetemi di fare la disfattista). Si tratta di una moschea dalle dimensioni importanti, che culmina con un minareto alto 65 metri. Davanti alla moschea si trova il mausoleo di Hariri, l’ex primo ministro libanese assassinato il giorno di San Valentino del 2005.
  • The blob, chiamato anche Beirut Dome o the Egg: un edificio simbolo di Beirut che si trova poco distante dalla moschea. Si tratta dell’unico esempio di architettura pre guerra del Downtonw di Beirut, un edificio dalle fattezze curiose che doveva ricoprire diverse funzioni ma che non servì mai a nulla a causa della guerra.
  • In zona ci sono anche un paio di chiese e un’altra moschea che può valere la pena di visitare.

Gemmayze

Una volta smarcate tutte queste attrazioni da turisti diligenti, buttatevi in via Gouraud dove vi accorgerete ben presto che lo scenario è un bel po’ cambiato… in meglio! Quantomeno a mio parere. Siamo all’inizio di Gemmayze, un vivace quartiere dal tocco bohémien che è un susseguirsi di vecchie case e graziosi localini.

Salite St Nicholas Stairs, dalle scalinate che incontrerete sulla vostra destra dopo un po’ che camminate, per arrivare davanti a quello che è stato definito il palazzo più bello della città: Sursock Palace, un elegante edificio del 1912, che ospita al suo interno un museo di arte moderna e contemporanea, l’ingresso è a offerta libera. Il museo in sé non è imperdibile, ma suggerisco comunque di entrare per avere modo di visitare il palazzo da dentro: alcune stanze sono davvero molto belle.

Sursok Palace e Achrafieh

Usciti dal Sursock Palace, continuate a camminare nel delizioso quartiere di Achrafieh: si tratta di una tranquilla zona principalmente residenziale nelle cui strette vie tortuose si possono ammirare, tra caffetterie e prestigiosi appartamenti, dei vecchi palazzi, talvolta abbandonati, in cui si notano chiaramente i segni lasciati dalla guerra civile del 1975-1990 in Libano, che ha spazzato via una parte sostanziale del patrimonio architettonico di Achrafieh.

Beit Beirut, la casa gialla

La prossima tappa, imperdibile, è proprio una delle principali testimonianze della guerra, nonché uno dei simboli della città: il Barakat Building, la “casa gialla“. Un tempo deve essere stato un palazzo bellissimo, abitato da famiglie della classe media, oggi è un edificio rimasto in piedi per miracolo che mette in mostra i brutali segni della guerra civile e ospita un centro culturale, il Beit Beirut. Durante il lunghissimo conflitto che ha martoriato il Libano dal 1975 al 1990, la città di Beirut fu divisa in 2 dalla tristemente nota Green Line (linea verde): a est la parte cristiana e a ovest quella musulmana. Si trattava di un vero e proprio confine, con tanto di posti di blocco, e cecchini appostati sui tetti. E la casa gialla si trovava proprio lungo questo confine e fungeva, grazie alla sua peculiare architettura, da posto di controllo avanzato e base per i cecchini.

Il Museo Archeologico Nazionale

Dalla Casa Gialla, con una passeggiata di 15/20 minuti, si arriva a un’altra attrazione irrinunciabile di Beirut, il Museo Archeologico Nazionale, il top di gamma tra tutti i musei libanesi.

Oltre a poter ammirare numerosi importanti e imponenti reperti trovati nei tanti siti archeologici del Libano -da Tyro a Baalbeck, da Byblos ad Anjar- è interessante scoprire la storia di sopravvivenza e rinascita del museo, guardando il documentario Revival di 15 minuti che viene proiettato ogni ora dalle 9 alle 16 al primo piano. Vi faccio uno spoiler, ma la storia è troppo affascinante per non essere almeno accennata. Durante la guerra civile, il museo si trovava molto vicino alla Green Line e fu costretto a chiudere nel 1975. Per tentare di preservare i preziosissimi reperti, alcuni di dimensioni parecchio ingombranti, vennero letteralmente murati per poi essere riportati alla luce una volta finite le ostilità (un po’ andarono comunque distrutti a causa di una combinazione di negligenza e corrosione). Se si pensa che, all’indomani del cessate il fuoco definitivo dichiarato nel 1991, il museo era in uno stato di quasi distruzione, nonché inondato di acqua piovana, son stati fatti davvero dei miracoli per rimetterlo in piedi così bene.

Segnalo infine, di non perdere al piano interrato le impressionanti mummie maronite conservatesi in modo naturale in una grotta nella valle di Qadisha.
Il museo è aperto dal martedì alla domenica (chiuso il lunedì e durante alcune feste comandate), dalle 9 alle 17. Il biglietto d’ingresso costa 5000 LIB. Per visitarlo mettete in conto un’ora abbondante.

La Corniche e le Pigeon Rocks, Hamra

Dopo questa indigestione di cultura potete decidere se camminare ancora un (bel) po’ o se prendere un service per la Corniche, il lungomare cittadino, e da lì raggiungere a piedi i fotogenici faraglioni di Beirut, le Pigeon Rocks dove aspettare il tramonto è bellissimo. Della serie Capri, spostati (no vabbè, non proprio però anche quelli di Beirut fanno la loro figura!).

La Corniche è lunghetta, se decidete di percorrerla tutta son quasi 8 chilometri, quindi potrebbe avere senso farne solo un pezzetto: dopotutto siete in ballo dalla mattina! A prescindere da quanta Corniche decidiate di percorrere, devo riconoscere che in diversi punti il panorama lascia davvero senza parole: mare, moderni hotel e lussuosi condomini che si mescolano a vecchi edifici di epoca ottomana e poco oltre le montagne innevate. Un incanto! La Corniche è piuttosto trafficata tra gente del posto, turisti e venditori ambulanti (se avete la fortuna di beccare un carretto di ka’ik, un pane basso e di forma rotonda cosparso di sesamo, mandatemi una foto!), ed è proprio questo via vai che la rende un posto piacevole per concludere la giornata.

Lungo la Corniche, in particolare nei pressi del distretto centrale, noterete lo zampino di Solidere, la società libanese incaricata di riqualificare la zona una volta terminata la guerra civile. Il risultato è rappresentato da una serie di casermoni ultra moderni criticati da molti sia perché disconnettono la zona col resto della città, ma anche per la modalità con cui questa isola di modernità è stata messa in piedi (demolizione su larga scala e riprogettazione). Ma noterete anche che c’è chi non se ne sta zitto davanti a tutto ciò: sulla facciata dello storico Saint George Hotel fronteggia un enorme simbolo di divieto che urla “Stop Solidere”, coperto al momento del mio passaggio in città.

Continuando sempre verso la direzione dei faraglioni, a un certo punto vi suggerisco di fare una breve deviazione all’interno per dare un’occhiata a The Grudge (Al Ba’sa), l’edificio più stretto della città e di tutto il Libano. È situato un po’ all’interno, non distante dal faro e ha una storia piuttosto curiosa. Due fratelli avevano ereditato il terreno dal padre ma non riuscivano a trovare un accordo su come spartirselo e continuavano a farsi dispetti a vicenda, tant’è che uno ha costruito questa casa in modo da bloccare la vista del mare all’altro.

La passeggiata culmina davanti ai fotogenici faraglioni, dove una sosta per una birra al tramonto è d’obbligo. A questo punto l’itinerario di visita della città è finito ma… comincia ora la festa! Vorrete mica lasciare Beirut senza prima aver fatto un po’ di vita notturna? Naaaaa, sarebbe un peccato. Non distante dalle Pigeon Rocks si trova Hamra, un quartiere piuttosto vivace e con diversi localini niente male, ma vi suggerisco di tornare a Gemmayze per aperitivo, cena e dopo cena perché lì la scelta di locali è davvero imbarazzante!



Dove mangiare a Beirut e dove andare la sera

Beirut è una città che non va soltanto visitata, ma anche vissuta. Sarà che c’è stata la guerra fino all’altro giorno, ma la gente di Beirut ha voglia di stare in giro e divertirsi, e ciò lo dimostra l’animata nightlife beirutina. E come accennavo prima, buona parte di questa vita notturna si svolge a Gemmayze e dintorni. Di seguito vi faccio un elenco di alcuni posti da provare:

  • T Marbouta – Hamra. Un grazioso ristorantino molto frequentato dalla gente del posto e che non si trova facilmente (rimane un po’ nascosto in una sorta di piazza interna lungo la lunga e trafficata Hamra street). Ha un bel cortile interno e serve piatti libanesi sia classici che un po’ più audaci (ottime le batata harra, patate con coriandolo, peperoncino e aglio). [Pagina Facebook]
  • Enab – Mar Mikhael. I camerieri in costume aggiungono una nota un po’ turistica a questo ampio ristorante, ma il cibo è buono e le location -sia l’interno che l’esterno- sono molto belle. [Sito Internet]
  • Seza Restaurant – Mar Mikhael. Un posto in cui non tornerei per il cibo (specifico che potrei non essere una fan sfegatata del cibo armeno) ma per l’atmosfera tranquilla e rilassata che regala il piccolo dehors. Il locale rimane un po’ fuori dalla sempre troppo trafficata Armenian Street, ma non troppo distante per ributtarsi nel casino dopo cena. E il proprietario è una persona squisita. [Pagina Facebook]
  • Liza Restaurant – Achrafieh. Un posto super alla moda, fighetto e che se la mena un bel po’ (bisogna prenotare con un po’ di anticipo) ma che, tutto sommato, non ho trovato eccezionale. Anzi. Location carina ma dispersiva e chiassosa, servizio assolutamente non all’altezza di un ristorante di questo livello, cibo trascurabile e caro. Ho voluto provare questa esperienza, ne avevo sentito parlare un sacco, ma non mi sento di consigliarla. Sarò stata sfortunata io? [Sito Internet]
  • Anise e The Bohemian bar – Armenian Street e dintorni. Due locali alla moda in cui bere un drink prima o dopo cena. Sono sempre affollatissimi, un po’ come tutti i locali della zona. [Pagine Facebook]
  • B018 – Zona Forum di Beirut, non distante da Mar Mikhael. Una discoteca decisamente fuori dalle righe, in cui può essere interessante fare un giro anche se non siete degli animali notturni. Si trova dentro una sorta di bunker con tetto apribile e che si apre in più occasioni durante la serata. Fanno i drink peggiori della storia dei drink, ma è un posto troppo curioso per non essere visitato! [Sito Internet]

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